Come reinventare la filantropia
- 22 Giugno 2020
- 13 minuti
La crisi del covid-19 ha portato alla riscoperta del valore del welfare e della necessità di investire nelle infrastrutture sanitarie e sociali in grado di garantire assistenza e sostegno a tutta la comunità. In questo, la filantropia già da tempo ha iniziato a rappresentare un importante player, affiancando e integrando l’azione pubblica nel dare risposta alla domanda di servizi sociali, e in questi mesi ha dimostrato ancora di più il suo ruolo fondamentale.
La risposta della filantropia istituzionale all’emergenza coronavirus è stata, infatti, tempestiva e senza precedenti. Secondo un’analisi della società di consulenza strategica McKinsey&Company, il sistema delle fondazioni filantropiche europee ha messo in campo fino al mese di maggio oltre 1,1 miliardi di euro. Gli interventi sono stati indirizzati in primo luogo a rispondere alle esigenze di ordine sanitario, per supportare gli ospedali nella cura dei malati e nel contenimento della diffusione del virus, e poi, una volta superata la fase acuta dei contagi, a sostenere gli enti del terzo settore e a contrastare le conseguenze sociali ed economiche causate dai mesi di lockdown.
Sebbene infatti i governi abbiano adottato politiche di sostegno per imprese e famiglie, la pandemia ha reso più evidenti le vulnerabilità già presenti nella società e amplificato le disuguaglianze, aggravando le condizioni delle fasce più deboli della popolazione e allargando il numero delle persone in difficoltà. La sfida da affrontare richiede perciò una risposta strategica forte e condivisa, che metta a sistema l’alleanza tra attore pubblico e comunità filantropica.
In particolare McKinsey&Company analizzando le conseguenze prodotte dalla pandemia sul contesto socio-economico, ha individuato 6 aree in cui le fondazioni tradizionalmente già lavorano e su cui dovranno ora intensificare gli interventi.
Bisogni primari
Dall’inizio della crisi del coronavirus la domanda di sostegno alimentare in Europa è cresciuta mediamente del 20/25% e sarà necessario far fronte a crescenti problemi di accesso universale a bisogni di base come cibo e alloggio.
Mezzi di sussistenza
Quasi 59 milioni di persone in Europa sono a rischio disoccupazione; una situazione che mette a rischio il sostentamento di un altissimo numero di famiglie.
Istruzione
La chiusura delle scuole di primo e secondo grado ha interessato 70 milioni di alunni, amplificando gli svantaggi sociali degli studenti più vulnerabili e dimostrando i limiti della didattica digitale, soprattutto in termini di mancanza di competenze tecniche da parte degli insegnanti.
Salute mentale
La fine della fase acuta del contagio sta lasciando spazio ad un’altra emergenza sanitaria. I disturbi mentali stanno infatti significativamente aumentando: il 50% dei medici e degli operatori coinvolti in prima linea soffre di stress post traumatico e oltre il 63% della popolazione europea accusa depressione o ansia a causa della pandemia.
Sviluppo internazionale
Al di fuori dell’Europa la situazione generata dal covid-19 rischia di avere un impatto ancora peggiore perché il 55% della popolazione mondiale non ha accesso a nessuna rete di sicurezza sociale e le scarse risorse sanitarie potrebbero essere deviate dalla cura di malattie prevenibili, provocando la morte di quasi 2 milioni e mezzo di bambini nei paesi in via di sviluppo.
Sostenibilità
Il coronavirus ha evidenziato quanto la nostra salute dipenda da quella del pianeta e quanto sia costoso in termini sociali ed economici portare avanti modelli produttivi insostenibili. Il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici restano perciò la principale sfida da affrontare per far sì che possa esserci una ripresa economica sostenibile.
In questo contesto evolutivo, le fondazioni hanno già iniziato a rimodulare i propri modelli di intervento, aumentando la flessibilità verso gli enti e riducendo i tempi dei processi di erogazione dei contributi, consapevoli della necessità, in momenti di crisi, di essere agili e tempestivi.
Nell’ottica di coniugare anche in futuro flessibilità ed efficienza decisionale per rispondere alle necessità emergenti, il suggerimento di McKinsey&Company è quello di riorganizzare le iniziative in 4 categorie, in base ai principi di rilevanza per le mutevoli esigenze e di fattibilità in un contesto in divenire:
- Dare priorità, preferendo le attività in grado di rispondere alle necessità del momento con un alto livello di fattibilità.
- Adattare, trovando gli opportuni aggiustamenti per superare gli ostacoli di quelle iniziative che possono avere un forte e concreto impatto sulla comunità.
- Esaminare, rinviando o reindirizzando quelle iniziative che al momento possono avere un impatto potenzialmente inferiore.
- Rivalutare, mettendo in discussione le risorse investite in attività di difficile realizzazione e meno rilevanti per le esigenze contingenti.
Per bilanciare questa flessibilità con il rigore necessario a valutare i progetti da sostenere, le fondazioni dovrebbero implementare 3 principi della metodologia agile:
- Suddividere i processi principali di concessione dei contributi o di sviluppo dei progetti in step temporalmente più corti, coinvolgendo gli enti per avere feedback frequenti e incorporarli nella road map generale.
- Dispiegare team flessibili, integrando la struttura tradizionale delle aree programmatiche con personale competente proveniente da altri settori della fondazione o dai suoi partner, con compiti specifici e di breve durata.
- Delegare, dando maggiore autonomia e flessibilità sia nel processo decisionale che nell’allocazione delle risorse agli enti sostenuti, assicurando risposte rapide ma di vasta portata.
In questo momento le fondazioni hanno l’opportunità di usare il proprio capitale di esperienza e professionalità per sperimentare modelli diversi di sostegno e sviluppo degli enti del terzo settore per dare una risposta sistemica alle sfide in campo.
Articolo originale in lingua inglese disponibile qui