L’abbecedario di BEHONEST: I come Impresa Sociale
- 5 Luglio 2021
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L’impresa sociale è una qualifica che può essere assunta da enti di varia forma giuridica, anche societaria, purché siano dediti a specifiche attività e scopi, e che vengono assoggettate a comuni principi e regole di governance. Con il Codice del terzo settore (CTS) e successivi decreti attuativi il legislatore ha voluto puntare su questo tipo di impresa lavorando principalmente su quattro macro-temi: scopo, attività tipiche, colletività e governance.
Scopo e attività
Come per gli altri enti del terzo settore, l’Impresa sociale non deve avere scopo di lucro ma perseguire finalità civilistiche, solidaristiche e di utilità sociale. Per l’impresa sociale tuttavia l’esclusione della finalità di lucro non implica ovviamente il divieto di generare utili, né la loro distribuzione è esclusa in modo categorico:
- è permesso all’impresa sociale generare utili purché il surplus venga reinvestito nell’impresa. Il legislatore stabilisce infatti all’art.3 comma 1 del CTS che “l’impresa sociale destina eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio”.
- è possibile SOLO per l’impresa sociale di tipo societario destinare una quota degli utili inferiore al cinquanta per cento come dividendi ai soci “nel limite dell’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato” (art.3, comma 3b, CTS).
In particolare quest’ultima disposizione rappresenta un’importante concessione rispetto alla definizione classica di “non lucratività”, e ha come obiettivo quello di favorire la formazione di imprese sociali più predisposte ad accedere al capitale di rischio.
Per quanto riguarda le attività, il legislatore prevede che un’impresa possa diventare impresa sociale se svolge una o più delle attività espressamente indicate dalla legge, che possono appartenere ad un’ampia selezione di categorie: servizi sociali, riqualificazione di beni pubblici, etc (Impresa sociale dopo la riforma del terzo settore). In più, può diventare impresa sociale qualunque impresa che impieghi in una propria attività (anche non quelle prettamente socialmente utili) una percentuale minima, pari al 30% del totale, di “lavoratori molto svantaggiati”. La possibilità di diventare impresa sociale è quindi aperta a una vastissima gamma di imprese, fattore che ha inevitabilmente suscitato critiche e perplessità. Non è esclusa tuttavia la possibilità di una identificazione più rigida ex post di ciò che può definirsi “attività di interesse generale” e quindi non è da escludere in futuro una più restrittiva categorizzazione dell’impresa sociale da parte del legislatore.
Collettività e Governance
Se tramite le definizioni di scopo e attività tipiche il legislatore ha deciso di lasciare a molte realtà la possibilità di diventare impresa sociale, i requisiti di collettività e di governance impongono ulteriori restrizioni a chi vuole accedervi.
Il requisito di collettività consiste nella decisione del legislatore di escludere i singoli individui e le società a socio unico dalla categorizzazione come impresa sociale. Questa decisione nasce principalmente dalla necessità di assicurare che l’impresa sia senza scopo di lucro: viene infatti riconosciuto che “solo nelle imprese collettive, nelle quali l’attività è svolta per realizzare una finalità esplicitamente dichiarata, è possibile la verifica della mancanza di lucro e degli altri principi posti dalla legge” (L’impresa non speculativa, in Giur. comm., 2017, I, 221).
La decisione di escludere individui e società a socio unico dall’impresa sociale riporta anche al principio di democraticità che regola la gestione di altri tipi di istituti che operano nell’ambito del sociale. Una delle ragioni determinanti la riforma del terzo settore è stata infatti la necessità di cristallizzare le buone prassi di trasparenza degli enti, soprattutto per quanto riguarda la governance. A questo scopo regole specifiche sono state imposte per tutti gli enti, come associazioni e fondazioni, che vogliano iscriversi al Registro unico del terzo settore. A differenza delle altre categorie di Ets, tuttavia, le imprese sociali non possono essere iscritte direttamente nel RUNTS, ma sono invece iscritte al tradizionale registro delle imprese ( Come funziona la registrazione delle imprese sociali ) e sono quindi regolate in base al tipo specifico di società che costituiscono (s.r.l., s.p.a., etc). Non potendo agire direttamente su questo tipo di impresa, che può potenzialmente comunque usufruire delle opportunità date agli enti iscritti al RUNTS, si stabilisce, affinché un’impresa sociale possa accedervi, l’obbligo di indicare nel proprio statuto le forme di coinvolgimento di utenti, lavoratori ed altri stakeholder. Lavoratori ed altri stakeholder devono infatti poter partecipare, ed influenzare, i lavori dell’assemblea e, superati certi limiti indicati nella normativa, avere il diritto di nominare almeno un membro dell’organo di amministrazione e dell’organo di controllo, in modo da assimilare le imposizioni legislative sulla governance tra imprese sociali ed enti del terzo settore.
Imprese sociali: investire sulla crescita del terzo settore
La necessità di una legislazione specifica che faciliti la creazione di imprese sociali nasce dalla crescente importanza che il terzo settore ha dimostrato di avere nell’economia italiana come in quella europea, importanza ancora più evidente a seguito della pandemia globale di Covid-19 durante la quale l’economia sociale ha avuto un ruolo fondamentale nel sopperire ad alcune mancanze della PA.
Come spiegato da Emanuele Monaci, vice presidente di AGCI Solidale, in una intervista con BEHONEST, perché l’impresa sociale cambi effettivamente le carte in tavola e sia di beneficio alle mondo cooperativo come all’economia sociale nel suo complesso, mancano ancora alcuni decreti attuativi, prevalentemente in ambito fiscale, che diano effettivamente “gambe” al sistema. La speranza è che il legislatore porti avanti il proprio impegno affinché l’impresa sociale diventi uno strumento essenziale per la ripresa del paese e il sostentamento dell’economia sociale (Orlando: l’Europa riconosca le specificità delle imprese del terzo settore).