Il tema della misurabilità per quanto riguarda gli enti del Terzo settore è stato un argomento ricorrente in diversi punti del nostro abbecedario, dal bilancio sociale fino alla definizione di leva finanziaria. Se infatti inizialmente l’idea di dare un valore obiettivo ai risultati di chi opera nel sociale ha fatto storcere il naso a molti dei soggetti interessati, è ormai diventato evidente come la misurazione d’impatto sia uno strumento necessario a non disperdere risorse ed energie e ad aiutare in modo più efficace chi ne abbia necessità. Anche se la valutazione dell’impatto sociale non è obbligatoria per legge, con la riforma del Terzo settore si è voluto porre l’accento su questo tema, dando delle linee guida su come attuare questa misurazione e sul come comunicarla (per esempio attraverso il bilancio sociale). In particolare nel disegno legge, all’articolo 4, comma 1, lettera m) si definisce valutazione dell’impatto sociale “la valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato” (Valutare l’impatto sociale: la questione della misurazione). Dalla definizione è facilmente deducibile come la valutazione dell’impatto sociale sia assimilabile alla misurazione del valore aggiunto creato, anche se nel caso del non profit si tratta di un valore aggiunto non monetizzabile. Come fare quindi per misurarlo? La misurabilità, ovvero la qualità di poter essere misurati è uno dei tre requisiti alla base della valutazione di impatto sociale (Corriere.it_La misura del bene), insieme all’intenzionalità (l’obiettivo che si intende perseguire deve essere esplicitato fin dall’inizio) e dell’addizionalità (deve avvenire in luoghi e settori dove non opera chi è interessato al profitto). Oltre a questi tre requisiti fondamentali il legislatore indica nelle linee guida ulteriori principi che devono guidare il singolo ente del terzo settore (Ets) nella misurazione del proprio impatto sociale: Ciascuno di questi principi rappresenta un requisito di base perché si possa efficacemente valutare il valore aggiunto che un ente porta nella propria comunità di riferimento. Solo grazie alla raccolta di dati affidabili e comparabili è infatti possibile rispondere all’esigenza di misurabilità dell’impatto sociale. In particolare, la comparabilità rende la valutazione dell’impatto uno strumento utile nel tempo ad Ets e finanziatori per valutare l’operato dell’ente anche in un’ottica di strategia di lungo termine. Contestualmente, la rilevanza dei dati esplica la necessità di misurare solo i dati realmente collegati alla creazione di valore aggiunto. Perché l’impatto sia misurabile bisogna quindi che sia ben definito fin dall’inizio, per non avere un eccesso di dati, magari anche incoerenti, che complichino il processo di misurazione e la comunicabilità dei risultati ottenuti. Comunicazione e trasparenza sono infatti, come visto in precedenza, alla base della riforma del terzo settore, sia per quanto riguarda la partecipazione degli stakeholder nel processo di valutazione sia per quanto riguarda la trasparenza nel comunicare i risultati riscontrati. Ad inizio articolo abbiamo detto che la misurabilità dell’impatto sociale di un ets è fondamentale perchè l’ente disponga in modo efficiente delle proprie risorse e quindi persegua il proprio obiettivo sociale in modo corretto. Ma questo non è l’unico motivo per cui la misurabilità di un ente è fondamentale :L’abbecedario di BEHONEST: M come Misurabilità
Misurabilità dell’impatto sociale
Conclusioni: perché è essenziale la misurabilità