La creatività come ponte tra il mondo profit e quello non profit
- 25 Maggio 2020
- 12 minuti
Quello della creatività è un tema ricco e sfumato. Pensare ad un atto creativo richiama alla mente opere letterarie, espressioni artistiche o invenzioni tecnologiche prima di tutto, ma un approccio creativo può essere applicato in qualunque settore della vita. Condividerne l’esperienza è un momento di arricchimento e ispirazione capace di lanciare spunti e diffondere buone pratiche per dare vita ad altre soluzioni nuove e rilevanti.
Da questo presupposto è nato il progetto del Club dei Creativi, un luogo fisico e virtuale di incontro dedicato al racconto di progetti innovativi con l’obiettivo di trasmettere la cultura della creatività sociale e generare connessioni per scambiare “idee che vale la pena diffondere”, per dirla con la formula del Ted Talk cui l’iniziativa si ispira.
Il progetto è promosso dal Centro Culturale Pier Giorgio Frassati, in collaborazione con Polo del ‘900, Movimento Cristiano Lavoratori, Fondazione Grossman e Accademia di Progettazione Sociale Maurizio Maggiora, con il contributo della Compagnia di San Paolo.
Lo scorso 15 maggio si è svolta via webinar la sua seconda sessione, dal titolo “Lavoro. Gesto di civiltà”, in cui sono intervenuti Marco Veglio, cofondatore di AMG Srl, Federico Maggiora, fondatore dell’Accademia di Progettazione Sociale Maurizio Maggiora, e Daniele Narduzzi, cofondatore della start-up Be Honest, con la moderazione di Giovanni Maddalena, Professore presso Università del Molise.
I 3 creativi sono stati chiamati a raccontare il percorso che li ha portati a fondare aziende, associazioni e startup volte a rispondere alle esigenze della società con modalità innovative, capaci di produrre cambiamenti migliorativi e generare valore anche da un punto di vista imprenditoriale, collocandosi così in posizione intermedia tra privato e pubblico.
Il Terzo Settore infatti interviene laddove il pubblico non riesce per carenza di risorse e il privato esclude la sua azione per ragioni legate alla valutazione di profittabilità.
Dagli interventi emerge come, oggi più che mai, la creatività sia il motore per innovare e realizzare soluzioni nuove ed efficienti capaci di rispondere alle sfide del sociale, avendo chiaro che ciò che fa la differenza tra sostenibile e non sostenibile è la Fiducia.
Su questo concetto si fonda proprio Be Honest, la cui idea è nata in un momento specifico, quello del post terremoto del 2016, quando si avvertiva fortemente l’esigenza che le donazioni fossero impiegate correttamente per la ricostruzione.
Partendo dall’identificazione della necessità di tutelare la fiducia di chi dona, accertando che le donazioni arrivino a destinazione, Be Honest ha sviluppato una metodologia innovativa di verifica e misurazione che valorizza le informazioni del non profit per supportare scelte consapevoli e orientare il futuro nella direzione del miglior impatto sociale possibile.
‹‹Quando si parla di creatività – spiega Daniele Narduzzi – si tende spesso a identificare la generazione dell’idea come un momento unico, invece quel momento è solo l’inizio di un percorso; un percorso che deve essere quanto più umile possibile perché quell’idea venga condivisa e arricchita dal contributo di più persone. Il lavoro fatto in Be Honest è stato quello di sviluppare l’idea originaria combinando elementi per creare qualcosa che si adattasse alla cultura del nostro Paese. Poi l’abbiamo informatizzata per ridurre la complessità di questo mondo a degli indicatori misurabili e analizzabili.››
Il risultato è una procedura che consente di tracciare il flusso delle donazioni e capire qual è l’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione che le utilizza, con un doppio vantaggio: far conoscere all’ente quali sono le sue possibilità di miglioramento e crescita, e dare ai donatori la certezza del gesto che hanno fatto.
‹‹In fondo – continua il cofondatore di Be Honest – i donatori stanno affidando qualcosa a persone che, per aiutare gli altri, stanno gestendo soldi non propri: mentre l’imprenditore si prende il rischio di impresa con il proprio patrimonio, qui abbiamo qualcuno che chiede agli altri di contribuire e, quindi, si fa carico della fiducia altrui. Noi cerchiamo di tutelare questa fiducia per rendere il sociale sostenibile e partecipato.››
In queste ultime settimane in cui si è riscoperto il valore della socialità e si è avverto profondamente il bisogno di reti di protezione sociale, gli enti del terzo settore hanno dimostrato ancora una volta la loro funzione essenziale: tantissime organizzazioni che si occupavano degli ultimi prima hanno continuato a farlo in silenzio anche in questa emergenza che sta avendo conseguenze economiche e sociali pesanti.
Be Honest in questa fase ha offerto gratuitamente il suo supporto alle aziende che intendevano individuare un beneficiario da sostenere o stabilire un contatto con qualcuno da supportare anche una volta passata la crisi.
Nei momenti di crisi, infatti, si tende a donare sull’impulso dell’emotività, con il rischio di fare scelte che potrebbero rivelarsi strategicamente non utili. Inoltre, senza conoscere dati certi sugli enti, si rischia di scegliere chi, attraverso la pubblicità, riesce a dare l’immagine migliore del proprio operato, perdendo la possibilità di aiutare tutta una platea di enti meritevoli che non riescono ad arrivare all’attenzione del pubblico.
Con il suo lavoro di misurazione e analisi, Be Honest mette in luce le organizzazioni che producono risultati rilevanti, valorizzando la capacità inventiva e la creatività progettuale con cui riescono a rispondere alle esigenze della comunità.